tempi antichi

LA DIFFERENZA TRA GESU E PAOLO DI TARSO (aggiornato) @alfredoantonini

Foto by ELISA ANTONINI : Roma Basilica S Paolo fuori le mura
La parte che riguarda i terapeuti è approssimativa

L ebraismo sacerdotale originale con il tempo evolve principalmente in enochico, zelota, sadduceo, farisaico, ….. i primi due sono tendenzialmente diventati anti sinedriti, il primo perché per motivi teologici rifiuta l ellenizzazione, il secondo per motivi politici rifiuta la mancanza di intransigenza verso i romani ed è una radicalizzazione della dottrina farisaica, ….. Gesu non riforma queste evoluzioni, riforma quello originale verso il quale pero quello enochico è teologicamente rimasto piu vicino(ecco forse il perché dell affinità con gli esseni)… Paolo di Tarso scambia o trasforma Gesù come un riformatore dell ebraismo sinedrita (sadducei ellenizzati e farisei con le loro sovrastrutture rabbiniche non presenti in origine) e lo ellenizza ulteriormente.Gesu non ha mai detto come Paolo che “esistono vari signori e vari dei tra i quali ad uno crediamo ” (concezione monolatra ma anche ellenizzante nel modo come verrà attuata sostituendo figure cristiane a quelle del pantheon classico ) ma la sua teologia e’che esiste un solo Dio in assoluto (concezione monoteista diversa da quella monolatra),si tratta di Dio quello dell antico testamento, con la differenza che rispetto a questa serie di testi non riconosce l esistenza di altri dei pagani pari a Jahweh incaricati di occuparsi di una nazione, implicitamente li considera idoli di pietra e basta, non valgono le parole di Paolo “così come in cielo esistono vari signori e dei” .Quando Giustino Martire scrive agli imperatori Antonini (antonino pio) va appresso a Paolo e dice qualcosa del tipo”perché ci perseguitate quando in fondo il nostro Dio non è molto diverso dai vostri”?

Quando noi diciamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, Gesù Cristo il nostro Maestro, è stato generato senza connubio, e che è stato crocifisso ed è morto e, risorto, è salito al cielo, non portiamo alcuna novità rispetto a quelli che, presso di voi, sono chiamati figli di Zeus.Voi sapete infatti di quanti figli di Zeus parlino gli scrittori onorati da voi: Ermete, il Logos interpretativo e maestro di ogni arte; Asclepio, che fu anche medico e, colpito dal fulmine, ascese al cielo; Dioniso, che fu dilaniato” ….”Se poi, come abbiamo affermato sopra, noi affermiamo che Egli è stato generato da Dio come Logos di Dio stesso, in modo speciale e fuori dalla normale generazione, questa concezione è comune alla vostra, quando dite che Ermete è il Logos messaggero di Zeus. Se poi qualcuno ci rimproverasse il fatto che Egli fu crocifisso anche questo è comune ai figli di Zeus annoverati prima, i quali, secondo voi, furono soggetti a sofferenze”.”Quando noi diciamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, Gesù Cristo il nostro Maestro, è stato generato senza connubio, e che è stato crocifisso ed è morto e, risorto, è salito al cielo, non portiamo alcuna novità rispetto a quelli che, presso di voi, sono chiamati figli di Zeus.Voi sapete infatti di quanti figli di Zeus parlino gli scrittori onorati da voi: Ermete, il Logos interpretativo e maestro di ogni arte; Asclepio, che fu anche medico e, colpito dal fulmine, ascese al cielo; Dioniso, che fu dilaniato” (…) ed ancora: “Se poi, come abbiamo affermato sopra, noi affermiamo che Egli è stato generato da Dio come Logos di Dio stesso, in modo speciale e fuori dalla normale generazione, questa concezione è comune alla vostra, quando dite che Ermete è il Logos messaggero di Zeus. Se poi qualcuno ci rimproverasse il fatto che Egli fu crocifisso anche questo è comune ai figli di Zeus annoverati prima, i quali, secondo voi, furono soggetti a sofferenze”. Evidente che questa è una concezione non puramente monoteista perchè pare implicitamente riconoscere l esistenza di altre divinta.C è forse una fase durante la quale Paolo all inizio della conversione si sposta dall ebraismo sinedrita a quello enochico (episodio della casa di Damasco che ho accennato nell articolo su Gesù e le profezie ), ma infine non lo comprende o non lo abbraccia preferendo proporre ai Romani una teologia più digeribile per loro, mentre esseni e zeloti trovano un punto di incontro a Qumram.

Le fonti a Roma non citano gli scritti di Paolo per 80 anni dopo la sua morte quando li fa comparire Marcione l eretico e anti jahwista ,poi passano altri decenni prima di arrivare al cristianesimo in versione costantiniana.Paolo è colui che consapevolmente o meno,intenzionalmente o forzato nell interpretazione dei suoi intendimenti,ne ha gettato le fondamenta e creato i presupposti. Non si può dire che con il suo essere ebreo ma ormai anti ebreo non ha causato il distacco culturale dalla sua religione originale. Nel frattempo la chiesa cristiana di Gerusalemme non c è più,tutti morti sotto la persecuzione romana : chi mai può smentire Paolo a quel punto.

Nell ebraismo scerdotale iniziale non esistevano sinagoghe e rabbini,sono aggiunte sovrastrutturali farisaiche cosi come l ellenismo non non è parte ma è una deriva del sinedrio soprattutto perchè a guida sadducea.Paolo procede da rabbini e sinagoghe e vediamo come la chiesa di Roma poi le rimpiazzera con preti e chiese.Nell ebraismo iniziale esisteva il tempio con i sacerdoti il che non era cosa medesima di rabbini e sinagoghe.Poi fino al 70 coesistono tempio sinagoghe sacerdoti e rabbini,infine il tempio viene distrutto e dopo alcuni secoli il sinedrio viene chiuso,circostanza che implica anche che non è più possibile cambiare il calendario ebraico perchè solo il sinedrio ne ha facoltà.Ad un certo punto Gesu stizzito verso i rabbini in Matteo 23 dice di non chiamare nessuno sulla Terra padre e di non farsi chiamare in quel modo,non certo in riferimento ai padri genetici oppure adottivi ma ai padri religiosi e spirituali.A supporto della mia ipotesi teniamo conto che dopo “…chi dite che io sia” (Matteo 16:15) Gesù prosegue rivolgendosi a Pietro “..Simone figlio di Giona”, (Matteo 16:17),questa che troviamo nelle principali bibbie è una traduzione terribile dal greco dove è l unica volta che non compare “uios” per dire figlio ma viene riportato direttamente in antico aramaico “barjona” ma scritto così attaccato non è affato scontato che poteva essere tradotto con “figlio di Giona” ovvero bar jona, nome per altro non in uso quando Gesu visse, ma molto probabilmente andava tradotto per il suo reale significato in quel momento o almeno andava concesso il beneficio del dubbio : partigiano zelota.Gesu dice a Simone detto Pietro di creare una ecclesia ma lo sta dicendo a chi forse appella come barjona,altro che filo romano ellenizzato,è infatti diverso il contesto teologico di Gesù da quello paolino. Di seguito partendo dalla questione della traduzione di barjona riporto una ipotesi radicalmente alternativa circa alcuni fatti evangelici,ipotesi che non commento ma lascio all attenzione perche mi pare interessante,inoltre forse è poco nota e va molto oltre il mio pensiero così come oltre il pensiero dell autore del virgolettato che però è utile ad introdurla, teoria che si allinea alla corrente che colloca Gesu nell ambito del nazionalismo ebraico. Personalmente non mi spingo così avanti e mi limito a considerare Gesù un riformatore dell ebraismo sadochita originale precedente al secondo tempio,quindi come portatore di una dottrina ulteriore derivata dalla primigenia e non una semplice evoluzione di quella successiva sinedrita come mi pare invece teorizzare Paolo di Tarso,limitandomi a considerare le differenze tra Gesù e Paolo ma non per questo escludendo a priori la possibilità che segue,esposta da un autore che sta parlando in origine di altro e che non la appalesa come conseguenza del suo ragionamento ma seguendolo ci può indirettamente portare alla medesima conclusione di chi invece in altri studi esplicitamente indica Gesù come nazionalista ebraico:

( il foglio.info 6 – 2 – Mauro Pedrazzoli ) :

…. nei vangeli bisognava distinguere fra Simone, il capo dei 12, e almeno Simone lo Zelota (alla greca; o Simone il Cananeo dall’aramaico qan’anayya’ = zelota), facente parte dei 12. Occorreva quindi trovargli un epiteto, o un soprannome, dato che era sconosciuto ai sinottici il padre di Simone ed Andrea (per Mt 16 vedi più sotto). Nella chiamata dei discepoli (Mc 1,16-20 e paralleli) si cita il patronimico di Giovanni e Giacomo, ossia Zebedeo, ma non quello dei fratelli Simone ed Andrea, pur essendo tutti soci nel loro lavoro di pescatori. [In Marco 1,29-31, nell’episodio della guarigione della suocera, entrano tutti e quattro nella casa]. È stato quindi dato a Simone l’epiteto-soprannome di Pietro, che compare ancor prima (cfr. il suddetto Gv 1,40) della relazione Pietro/Pietra/Cefa; si è fatto perno su un soprannome che forse già esisteva, o era nato all’interno dei discepoli per distinguerlo in primis da Simone lo Zelota, ma anche da Simone padre di Giuda, forse da Simone il fariseo, ma soprattutto da Simone il fratello di Gesù (Mc 6,3 e Mt 13,55s). Sul fatto che Gesù abbia avuto delle sorelle (di cui non si fa il nome), e non meno di 4 fratelli, i cui nomi coincidono esattamente sia in Marco che in Matteo, non esiste alcun dubbio dal punto di vista storico, esistenziale, umano e familiare: si chiamavano Giacomo (il fratello del Signore ricordato anche da Paolo in Gal 1,19), Giuseppe, Giuda e Simone. Non c’è nessun problema storico-biblico: è diventato poi un problema per la dogmatica cattolica, già a partire da Luca che li omette in 4,22 (nel par. di Mc 6,3) perché sembra imbarazzato-disturbato; per la verità li ripesca in 8,19 e Atti 1,14 con la dizione «la madre e i fratelli di Lui», ma senza farne i nomi…

solo il 4° vangelo prova a distinguere il cosiddetto «principe degli apostoli» tramite la provenienza familiare genealogica, cercando di riesumare il nome del padre di Pietro, ma con molto fumo e incertezza: in 1,42 (la chiamata dei discepoli), abbiamo «Simone figlio di Giovanni» (in pochi codici ma autorevoli come il Vaticano ed il Sinaitico), in due manoscritti addirittura «figlio di Giovanna» (la madre?), e in tutti gli altri «figlio di Giona». In Gv 21,15 la stessa cosa (ma senza “Giovanna” come variante).La vulgata in 1,42 conosce solo la lezione «figlio di Giona», con la variante «figlio di Giovanna», ma non «figlio di Giovanni» (!), che tuttavia compare in 21,15. Hanno cercato disperatamente, ma invano, di ripescare il nome del padre di Pietro; uno sforzo sovrumano per poterlo distinguere dall’altro Simone, il discepolo amato. Che sia incerta la lettura di 1,42, passi; ma che sia incerta in 21,15, nel capitolo aggiunto ampiamente già nel secondo secolo,

Il nome paterno “Giovanni” si trova quindi solo, e in maniera confusa, nel quarto vangelo, e nel vangelo dei Nazarei che cita e legge “figlio di Giovanni” in Mt 16,17.

Ma in Mt 16,17 non troviamo in nessun manoscritto “figlio di Giovanni”, bensì in tutti (con l’unica eccezione del codice 1424 del IX secolo) l’enigmatico “BarIona”, e in numerosi manoscritti pure staccato in Bar Iona, ossia figlio di Giona (Joachim Gnilka, Vangelo di Matteo, op. cit., parte 2ª, p. 95). In riferimento all’aramaico, Bar Jona comunemente viene inteso come abbreviazione di Bar Johanan, figlio di Giovanni (fra l’altro Jôanan, Iwanan è un apax, cioè ricorre una volta sola nel NT nella genealogia lucana di 3,27), ma tale abbreviazione non si riscontra in nessun passo (Gnilka, ivi, 95). È invece attestata una cosa ben diversa: la normale abbreviazione palestinese di Johanan (Giovanni) non era jona’, bensì joha’ o johaj  (GLNT, Grande Lessico del N.T., Paideia, vol. 4, col. 1237-1239, voce Jonas di J. Jeremias).

Il termine aramaico (tutt’attaccato) Bariona di per sé significherebbe “persona sfrenata”. Nei codici del NT abbiamo la cosiddetta “scrittura continua”, ossia con una parola attaccata all’altra senza punteggiatura; come detto sopra, per evitare appunto l’ambiguità parecchi manoscritti l’hanno staccato in Bar Iona, intendendolo come “figlio di Giona”. Ci sono attestazioni che gli zeloti, cioè i fautori della rivolta-rivoluzione contro il dominio di Roma, erano detti «barioni» (persone sfrenate, Gnilka 95). «Forse egli [Pietro] era stato un tempo simpatizzante degli Zeloti? Il suo rinnegamento nella passione di Gesù potrebbe costituire un elemento a favore di questa ipotesi» (Gnilka 96). E lo comproverebbe pure, aggiungo io spiegando meglio anche il senso della tesi di Gnilka, il rifiuto della passione medesima appena annunciata da Gesù [non ci interessa qui che si tratti di un vaticinio ex eventu]; “Pietro lo trasse a sé in disparte e gli disse protestando e rimproverandolo: «Dio te ne scampi Signore, questo non [ti] accadrà mai»”, beccandosi come risposta secca e acida «Vattene via dal mio cospetto [dietro di me] Satana» (Mt 16,22s e Mc 8,32s). Non dimentichiamoci che Pietro durante la cattura (Gv 18,10) con la spada ha mozzato l’orecchio del servo del sommo sacerdote. Mentre i 3 sinottici dicono in modo velato che a farlo è stato genericamente «uno dei presenti» (Mc 14,47), «uno di quelli con Gesù» (Mt 26,51), «uno di loro» (Lc 22,50, che protegge Pietro), solo Gv precisa (per niente dispiaciuto del tocco anti-petrino) che si trattava di Pietro (e che il servo si chiamava Malco); un’azione decisamente da zelota (come l’affermazione apodittica durante la lavanda di 13,8; cfr. la pagina seguente). [Sono i tipici dettagli della passione provenienti dal discepolo amato e dalla famiglia Cleofa più in generale].

Ciò costituirebbe un’ulteriore conferma dell’aspetto “satanico” inteso come conquista del potere (anche) politico: ossia l’aspetto “barionico” degli zeloti, eventualmente armato e violento. Ma se lo scopo dell’epiteto Bariona era quello di distinguere Simon-Pietro in particolare da Simone lo Zelota, tale soprannome era il meno indicato in assoluto, proprio perché gli zeloti erano chiamati barioni. La confusione, anziché essere tolta, sarebbe aumentata. Per di più la cosa poteva essere aggravata dal fatto che i due viandanti di Emmaus («noi speravamo che fosse lui [profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e a tutto il popolo] a liberare Israele», Lc 24,21.19) sembrano avere tratti zelotico-barionici; perciò l’epiteto “Bariona”, che forse Pietro comunque aveva da tempo, non l’avrebbe distinto a sufficienza neppure dal discepolo (amato) di Emmaus nella nostra interpretazione.

Anche la famiglia Cleofa, pur facente parte dell’aristocrazia gerosolimitana, non sembra perciò essere collaborazionista, e nemmeno troppo acquiescente coi romani, anche se non raggiunge il livello di contrapposizione di Pietro e di Giuda. Ciò lascerebbe intendere che all’interno del gruppo dei discepoli, fra i quali c’erano anche quelli più accondiscendenti nei confronti dell’impero, le posizioni fossero “marcatamente” differenziate (sia in…politica estera che in…politica interna [la ricerca della gloria/potere da parte dei figli di Zebedeo, meglio della loro madre]). 

Quindi, anche per il fatto che era sconosciuto ai sinottici il nome del padre di Simone (altrimenti ciò avrebbe, come Zebedeo per i figli del tuono, risolto velocemente il problema), è stato scelto come soprannome aggiuntivo appunto Pietro (Simon-Pietro), forse, come già detto (1,40), ancor prima che Gesù glielo ribadisse; egli, o la comunità primitiva, oppure le redazioni hanno fatto perno sul già esistente Pietro, il cui primo significato è «pietra-sasso», per l’estensione figurativa alla roccia: tale estensione, anche secondo Gnilka, non è per nulla scontata. «Sotto il profilo etimologico ciò non è affatto ovvio, dato che il primo significato di petro è “pietra”» (Gnilka 97).

Un conto è infatti un sasso/pietra singola, anche se può essere testata d’angolo, o il masso finale che chiudeva dando stabilità alla costruzione, e un conto è una roccia stratificata relativamente voluminosa, quale fondamento o fondamenta su cui la Chiesa deve essere edificata (ivi, 100). Naturalmente non c’entra nulla col posteriore significato di chiesa come luogo di culto fatta di mura.

Comprova Gv 1,40 anche il sorprendente Mt 4,18: in occasione della chiamata-vocazione, ben prima del Tu es Petrus del cap. 16, il capo dei 12 è gia definito alla prima entrata in scena (diversamente da Mc e Lc) “Simone detto Pietro”. Perciò è molto probabile, per noi quasi sicuro, che Simone, già prima della chiamata al lago di Tiberiade, avesse un soprannome, anzi due: Pietro e Bariona. Pietro-pietra: noi diremmo un “duro”, un “estremista” tendenzialmente focoso e sfrenato (Bariona), dovuto anche alle sue (pregresse?) simpatie per gli zeloti (barioni). Sotto questo profilo il «Tu es Petrus» andrebbe inteso in senso rigidamente letterale: «Tu sei [ti chiami] già Pietro (un duro), e quindi…».

Anche nella lavanda dei piedi (13,1-9) c’è sempre il raddoppio Simon-Pietro, ad eccezione del v. 8 (bisogna guardare al testo greco, e non all’italiano perché nella versione CEI anche qui c’è il raddoppio): «Gli disse Pietro: “Non mi laverai (mai) i piedi per sempre” (eiV ton aivna, in eterno)». Guarda caso, il soprannome Pietro (cioè l’estremista dalla “testa dura”) prende il sopravvento (soppiantando Simone) in una tipica esclamazione da zelota: il maestro, messia, liberatore non si deve abbassare a lavare i piedi ad un discepolo subalterno…

Ciò spiegherebbe meglio il passaggio forzato da un Pietro (pietra) già esistente alla roccia su cui edificare la chiesa: passaggio forzato ma quasi “necessario” per esorcizzare l’aspetto del duro, zelotico, focoso, e trasformarlo in solide fondamenta su cui costruire l’Ecclesia. Il primato quindi sarebbe il frutto di un…“esorcismo”: la cosa non è così drammatica come sembra, perché ad es. anche la Maddalena, posseduta da sette demoni, è stata esorcizzata da Gesù e quindi guarita da una malattia grave, dall’essere dilaniata e dilacerata in se stessa.

Gesù avrebbe ovviamente incaricato lo zelota Pietro in quanto persona di fiducia ma gli evangelisti non lo possono esporre apertamente e quindi cercano l escamotage per spoliticizzarlo ATTRAVERSO UN ESORCISMO mediante il quale Gesù viene presentato non come colui che libera gli ebrei dai romani ma che libera i romani dai barioni,spoliticizzazione come chiave di lettura dei vangeli sinottici.

Sappiamo che i romani mandano ad arrestare Gesù una corte,si tratta di seicento uomini,qua e la traspare come se quella notte in realtà c era in corso un tentativo di rivolta armata che richiedeva forze massicce, ad esempio l evangelista Luca nel raccontare l ultima cena volutamente sembra attribuire a Gesù la volontà di fare ritrovare armi affinche si compisse che era considerato un malfattore,tentativo di Luca per il vero in apparenza maldestro quello di camuffare la realtà,se tale era realtà,in quanto non ha molto seguito il resto del suo medesimo racconto,gli apostoli sfuggono a seicento uomini,nelle accuse a Gesù la presenza di armi diventa però irrilevante,quindi in nessun modo quelle armi sono utili a ciò che deve compiersi.Come al solito Luca è piuttosto grossolano ed approssimativo.

Personalmente piuttosto che collocare Gesù nel quadro specifico del suo tempo,entro il complotto giudaico ed antigiudaico che qualcuno teorizza,comunque un frangente caratterizzato dal confronto intrebraico e tra romani e Giudei,lo riconduco all immagine di piu ampio respiro.quella un riformatore dell ebraismo del primo tempio con il cambio di strategia o con la rivelazione dove Jahweh da essere il Dio bellicoso e conquistatore che si occupa solo degli ebrei passa ad essere il Dio delle genti che per salvare gli ebrei medesimi ed il mondo cerca di convertire il mondo,forse non ad una nuova religione ma ad una versione dottrinale diversa della medesima ebraica ,perchè riformata.Qua subentra il conflitto politico e teologico tra gli interessi giudeo cristiani più strettamente ebraici e quelli romano ellenistici che hanno altre finalità rappresentate da Paolo di Tarso prima e poi dalla chiesa di Roma.Paolo e poi la Chiesa di Roma non hanno mosso il pensiero dei gentili verso lo Jahwismo ma hanno adattato il secondo all ambiente culturale dei gentili.Procedendo per gradi perche ad esempio Paolo ancora riconduce il concetto di anima psike a quello aristotelico che è piu simile al nefesh ebraico ma la Chiesa poi avalla l interpretazione del nefesh come l anima quando nel mondo ebraico questo concetto non era presente.Bousset, autore di Kyrios Christos, all’inizio dello scorso secolo sostenne che Paolo aveva reso il Cristo«un essere divino però un gradino sotto Dio”

Al contrario Giuseppe Barbaglio racconta come “sono numerosi anche gli studiosi che, a vario titolo, riconoscono l’esistenza di una sostanziale continuità tra i due. Già il famoso Harnack dichiarava in Essenza del cristianesimo: Paolo «fu colui che meglio comprese il maestro e ne continuò l’opera», e non temeva di affermare: «è il suo discepolo», capace di fame evolvere il vangelo traendolo fuori «dall’alveo dell’ebraismo», Anche Goguel, in aspra polemica con quanti vedevano in Paolo «il vero creatore del cristianesimo» o, peggio, «il falsificatore», sostiene che «è stato, in maniera originale ma tuttavia fedelissima, il discepolo di Gesù Cristo». Assai interessante il punto di vista di Jungel sviluppato con grande suggestione nel voluminoso Paolo e Gesù: c’è, dice «totale parentela della dottrina di Paolo con quella di Gesù», perché concordano pienamente nell’annunciare «la vicinanza di Dio alla storia» da GESU’ DI NAZARET E PAOLO DI TARSO – Confronto storico 2006 editore EDB

In conclusione Gesù secondo le profezie ed in linea con quanto lui stesso dice,è mandato A CONVERTIRE e predicare a coloro non veramente monoteisti come alla Casa di Israele,ai Figli di Gerusalemme,infine a fare giungere il suo messaggio ai gentili delle Nazioni,tuttavia è da approfondire se è mandato anche alla Casa di Giuda e se si , come e in che modo e con quali limiti se non con l intento di essere accettato come Messia e come riformatore entro la medesima loro religione giudaica. Resta la certezza da parte mia che Gesù non è una figura limitata incastrata nella dinamica degli eventi storici politici e teologici del periodo quando visse ma è un teologo del monoteismo ebraico millenario nonchè una figura millenarista ed avventista non in relazione all attesa messianica di quei tempi come intesa dai suoi contemporanei ma in relazione all avvento del regno dei cieli da lui profetizzato entro una scadenza non individuabile,anche chi sostiene che lo attendeva a breve, non stabilisce il momento.Se inoltre,in secondo luogo, oppure anche come ipotesi parimenti importante si aggiunge che era anche un nazionalista ebraico non ho abbastanza elementi ne per escluderlo ne per affermarlo integralmente,sicuramente un momento prima dell Ascensione non ha ne disconosciuto ne vietato agli Apostoli di custodire il sogno della ricostituzione del Regno Davidico.Parrebbe uno che concede in modo soft tale intento,cosi come parrebbe concepire la legge mosaica come una soft law.Non so se nel momento che dice “barjona” a Pietro è qualcosa che riguarda il suo passato(dell Apostolo) oppure il presente.Diventa complicato stabilire i confini tra cripto zeloti e GESUANI.Consideriamo anche l ipotesi che magari non sono stati gli evangelisti a spoliticizzare la narrazione ma che più di tanto non hanno potuto o voluto penetrare un mistero deliberatamente O MENO tenuto in piedi dal gruppo intorno a Gesù.Era un depistaggio il “date a Cesare quel che è di Cesare” oppure mentiva il soldato romano che rispondeva a Pilato dicendo che Gesù sobillava il popolo a non pagare le tasse come facevano gli zeloti ? Chi avrebbe indotto il soldato a mentire e perchè ? Il sinedrio collaborazionista certo non condannava Gesu per dispiacere ai romani visto che difatto ne era un fantoccio.

@alfredoantonini

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