mondo slavo

IL POLO DEL [email protected]

Il nostro intento, lo rammentiamo, è di dimostrare che gli abitanti del Polo del Freddo furono pesantemente forgiati dal clima imperante negli ultimi 1000 anni e nei loro atteggiamenti e nei comportamenti relazionali con gli altri in misura da distinguersi nettamente dal resto degli occupanti la Pianura Russa. Influirono certamente le lingue diverse che in quei tempi potevano suscitare ostilità e renderli diversi nelle abitudini e nelle credenze. Forse apparve già allora la forte spinta all’assimilazione dell’alloglotto da inglobare nel cosiddetto tardivamente dai moscoviti Russkii Sever o Nord Russo, che Pietro I° aveva inaugurato come politica unica del suo impero.
Piuttosto è da ribadire che una ricerca consapevole di voler costruire insieme il futuro in una cultura comune era in atto da secoli, visto che l’ambiente imponeva scelte molto simili nell’affrontare gli ostacoli posti contro le strategie per la sopravvivenza di chiunque. Malgrado ciò gli esiti in una cultura tradizionale per tutti non si affermarono giacché non si produssero.
Evidentemente, isolato com’era il Polo del Freddo dal restante territorio a sudovest da dove si erano mossi gli slavi, la risposta non era stata tanto adeguata, in primo luogo per l’ignoranza che un territorio aveva dell’altro e, in secondo luogo, poiché gli interessi erano per poco dire divergenti delle persone che conducevano eventuali contatti e trattative. Kiev, ad esempio, non rappresentava nessuna realtà politica quando nel X sec. CE si affacciò nel Polo del Freddo, sebbene si presentasse da “reggente” di Igor, knjaz sedicente nato da queste parti, Olga, sua vedova, a negoziare con i novgorodesi, come ci hanno tramandato le CTP peraltro scritte ca. un secolo dopo l’evento. Anzi. Sembra che Olga si muovesse in ambito del delta del Danubio…
In seguito quando arrivarono le prime avvisaglie dell’invasione tataro-mongola nel XII sec. CE attraverso una campagna di contatti e sfide in campo con Kiev, Juri Dolgorukii, che viveva nella zona che diventerà Mosca da knjaz dell’udel di Vladimir-sul-Kljazma (fondata dal Monomaco prima di passare a Kiev), si rifiutò di mandare suoi uomini agli scontri con le truppe tatare entrate nelle steppe attraverso il Caucaso alano in ricognizione. Immaginò a ragione che il clima li avrebbe fermati, se fosse risultato che i piani di invasione dell’Europa nella politica di Cinghiz Khan si fossero realizzati, come d’altronde trapelava nei sentiti-dire che giungevano dalle steppe turche kipčak e come effettivamente accadde. Tutto sommato al Polo del Freddo fu evitato il giogo tataro. Novgorod illesa nella baraonda che seguì nel 1236 CE si assoggettò a un tributo una tantum.
Nel 1240 CE dopo la devastazione di Kiev da parte dei tatari, a Vladimir-sul-Kljazma ebbe sede il cosiddetto Gran Baskak, rappresentante militare e amministrativo del khan tataro per la Pianura Russa e tutta la storia seguente passò nelle mani dei Lungamano (Dolgoruki in russo). Insomma una faccenda complicata dal punto di vista storico ma analoga per gli effetti del gelo all’epopea napoleonica e parallela a quella nazifascista che entrambe portarono a contatto il Polo del Freddo col resto d’Europa e fece conoscere il mondo di chi si era formato per generazioni e generazioni in un clima implacabilmente rigido che sembrava respingesse gli invasori da oriente, pagando con la propria realtà per la difesa del resto d’Europa.
Senza senso è accentrare l’attenzione su personaggi come Stalin o Lenin per capire la Russia di oggi o su Ivan il Terribile o Alessandro Nevskii per spiegare la Russia di ieri l’altro. Molti romanzieri russi e compositori di opere teatrali famose che hanno cercato di farlo capire nella loro produzione letteraria, sono caduti nella solita nostalgia di una passata età dell’oro mai esistita.
È difficile apprezzare la rassegnazione atavica alla quasi assoluta immobilità che ha dominato fino a ieri e che odia il viaggio o lo fa ritenere quasi sempre senza ritorno per la presenza fuori casa di genti mostruose. È quasi impossibile, oggi come ieri, spogliare di ogni divinità il potere e di chi lo usa da essere umano e di chi si fregia di autorità poiché si crede mandato da un dio.
Bene, un russo del Polo del Freddo accetta tutto questo come “glorie” slavo-russe, purché non gli si chiedano aiuti materiali: Ha altro da fare per prendere in considerazione un prestito! Vieni da lontano? Allora fagli compagnia raccontando le tue avventure. Infatti ancor oggi con TV, internet etc. in casa ha conservato la gioia del parlare, del raccontare e dell’ascoltare e non ci sono veti o remore e si può dire di tutti persino le cose più intime.
Bando tuttavia alle elucubrazioni personalizzate, vane senza una seria competenza professionale in psicologia e psichiatria, e facciamo alcune osservazioni sulle abitudini riscontrate da noi laici lungo il complicato viaggio storico compiuto al Polo del Freddo.
La promiscuità è una specie di fantasma che in Europa il cristianesimo insegue con anatemi, condanne e sangue di guerre cruente e di dure politiche senza riuscire ad eliminarla. Finora malgrado leggi anti-divorzio, anti-omosessuali, condanne pubbliche del lenocinio e della prostituzione maschile e femminile etc. etc. la promiscuità rappresenta l’eterna potenzialità umana a consolidare relazioni interpersonali solidali e altruiste. A nostro avviso se al Polo del Freddo era il clima a favorirla, ciò era estremamente positivo e bene è averla conservata fino ai giorni nostri, seppure ci siano ancora limiti da eliminare nella pornografia on.line.
Quanto concerne all’amore per il calduccio di casa e la venerazione della luce solare, il discorso va conglobato sulla questione della nudità e della pudicizia che è storicamente molto complessa. Noi faremo qui solo una nota curiosa su un aspetto della nudità infantile e il clima. Apprendiamo dal folclore contadino nordico che i neonati ancora in culla nell’allattamento erano immobilizzati da strette fasce dopo la poppata e la pulizia dagli escrementi giacché si pensava che tale regime impedisse il rachitismo, non sapendo nulla sulla causa ossia la carenza di vitamina D. Tuttavia appena ci si avviava verso il solstizio estivo la nudità dei bambini era la regola e il bagno senza vesti di genitori e figli nel fiume per poi asciugarsi al sole nudi strabiliava sia Ibn-Fadhlan venuto a consacrare il primo emiro dei bulgari del Volga il kievano Almyš nel 920 CE (v. bibl.) sia gli osservatori persiani che la consideravano un’abitudine decadente.
A parte ciò la questione rimasta da lato è fondamentale per le élites al potere siano esse armate materialmente come re, sovrani o knjaz siano esse prelati religiosi e cioè l’invecchiamento dei sudditi e dei credenti. Le élites hanno i loro sistemi di successione che ne garantiscono la perennità o comunque governano a qualsiasi età, ma i sudditi? Fra gli 8 e i 40 anni devono vivere e produrre per mantenere se stessi e le élites sia servendole che nutrendole e difendendole fino a morte. L’innalzamento dell’età media di vita infatti ne diminuisce l’inclinazione a servire e a fare la guerra e le élites ne farebbero aumentare i sensi di colpa collettiva ai segnali di debolezza o di rivolta o di accidia. Importerebbero giovani comprandoli sui mercati degli schiavi appositi. Se fosse stato lo stesso Polo del Freddo a venderne? La Rus’ di Kiev ne promise in ogni accordo a cominciare da Olga, forse senza accorgersi di incorrere consapevolmente in un suicidio politico dello stato che sbandierava la propria potenza e i piani per aumentarla.
Qui si conclude la nostra indagine con tutti i nostri dubbi e errori, non prima però di confermare il nostro punto di vista di partenza e cioè che il Polo del Freddo con l’evidenza che ha ancora dopo 1000 anni non ha cessato di rappresentare una singolare cultura storica multietnica. 2 gradi Celsius di cui si è elevata la sua temperatura, non ha mitigato l’imperversare del freddo sui suoi abitanti, contadini al contempo cittadini. La loro difesa è certamente migliorata e ha loro permesso di inurbarsi meglio negli enormi conglomerati antropici di Mosca e San Pietroburgo, ma nel cuore ha conservato la sua dača (donazione) nella sua magica selva.
Perciò qualche stereotipo già deducibile dalla limitata frequentazione con estranei non è molto variato. Ad esempio le donne preferirebbero far conoscenza di altre donne socialmente superiori, ma non per imitarle o emularle, solo dire alle proprie amiche: Vedi, quella la conosco! e sciorinarne gli atteggiamenti. Rivolte poi ai loro maschi, non perdonano l’indecisione e le riflessioni troppo lunghe.
Sono stereotipi statistici estemporanei del tutto insignificanti, sebbene in circostanze fuori dall’ordinario della guerra in Ucraina siano invocati a spiegarla.
In questi ultimi frangenti ci spingono a domandarci: «Sono morti tutti quegli atteggiamenti dettati dal gelo del senso di collettività e di solidarietà fra le genti della Pianura Russa e quali sono sopravvissuti?»
Ha ragione forse l’ucraino prof. Michel Terestchenko che in un’intervista del gennaio del 2024 CE a proposito dell’infausta guerra nell’attuale Pianura Russa dice rassegnato: «Non sono i cittadini di uno stato che fanno scoppiare la guerra, ma gli stati e i loro governanti e, se quegli stessi cittadini, in generale uomini, si affrontano in seguito a morte sul teatro delle operazioni, è che, una volta rivestiti dell’uniforme e integrati in un corpo d’armata dove dovranno obbedire a degli ordini della gerarchia, si realizza una sorta di transustanziazione negativa in cui l’individuo reso invisibile nella sua singolarità unica e nella sua comune umanità si trasforma politicamente in soldato con il compito di combattere e distruggere il nemico.»

così si conclude il mio nuovo saggio. Che ne dite?

@AldoC.Marturano

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