mondo slavo

ESISTE UN MEDIOEVO RUSSO ? @aldoc.marturano

Si parla e si scrive tanto della grande letteratura romantica o della musica russa, degli eventi dei tempi sovietici, ma prima? Chi c’era prima di Dostoevskii, di Čaikovskii o di Lenin? Esiste una storia russa remota anteriore a Pietro I, il fondatore di San Pietroburgo, da raccontare? E da quale epoca si può cominciare a parlare di Russi e di Russia? E perché parlare di Slavi o di Russi in una compagine multietnica come è stata (ed ancora lo è) la vastissima regione che negli atlanti classici si chiamava Pianura Sarmatica e in quelli più recenti è annotata sotto Pianura Boreale Europea? Sono le prime domande che qualunque lettore curioso si pone quando insoddisfatto di quanto si scrive di storia europea si sia già dato uno sguardo attorno alla ricerca di letture appetibili che raccontino che cosa ci fosse e chi vivesse nel lontano passato nella Federazione Russa visto che questo stato costituisce grandissima parte del nordest del nostro continente inclusa l’appena detta pianura. Se poi il lettore da persona puntigliosa si fosse accorto della varietà di genti diverse presenti nella regione e pensasse che sarebbe interessante scoprire quali apporti, materiali e immateriali, gli antenati di quelle genti (né meno né più “europee” di altre) abbiano regalato alla Russia e al resto del continente nel passato, l’argomento diventa talmente complesso che non crediamo sia in circolazione un lavoro accessibile sull’argomento col ben augurante titolo Storia dell’Antica Russia… e basta! D’altronde la storia si fa coi documenti e occorre rivolgersi agli specialisti che quei documenti hanno esaminato e vagliato, se si vogliono avere risposte rigorose sulle varie topiche, e gli specialisti non pubblicano granché per un pubblico non accademico. Per queste ragioni preparatevi a entrare nei meandri del passato insieme con noi e spigoleremo notizie poco note e normalmente nascoste nei labirinti delle ricerche o dei commenti storiografici disponibili per trarne alla fine una sintesi piacevolmente leggibile. Avvertiamo che le discussioni sollevate e le ipotesi suggerite sul tema “antico-russo” in questi ultimi anni si sono moltiplicate e per natura e per punti di vista. A volte sono sfociate nella pura fantastica speculazione, tanto da rendere certi lavori recenti non apprezzabili e per qualità e per profondità d’analisi, ma a volte hanno rivoluzionato il modo di guardare alla storia antico-russa in primo luogo nella storiografia sovietica, postsovietica e tedesca. Ad esempio fra i lavori da noi selezionati abbiamo scelto l’atlante storico di Allen F. Chew (v. bibl.) da cui partire, con l’estrema convinzione che la storia, di qualunque gente o parte del mondo essa sia, non può essere coperta da copyright poiché appartiene a ognuno di noi. E così anche la geografia e la cartina qui accanto che ne fa parte. Detto ciò, la Rus’ di Kiev era uno stato che avrebbe occupato fra il IX e il X sec. CE gran parte della Pianura Russa (per comodità chiameremo così il territorio che ci interessa escludendo sin da ora il bacino polacco della Vistola) e le cui vicende abbracciarono a mala pena tre secoli: X-XIII sec. CE convenzionalmente appunto chiamato Rus’ di Kiev perché la sedicente capitale era proprio l’odierna città ucraina che fondata dai càzari (K. Brooks 2002) nel 1240 fu sconvolta dai Tataro-mongoli di Cinghiz Khan. Purtroppo non solo case e persone furono annientate dal fuoco e dalla furia della soldatesca in quell’anno sfortunato, ma parecchi manoscritti appartenenti all’annalistica nata qui ca. un secolo prima andarono persi. E noi piuttosto che rammaricarcene all’infinito siamo lieti di ammettere che grazie al lavoro degli archeologi sovietici mossisi in grande stile negli anni ’50 del secolo scorso disponiamo di parecchi elementi di conoscenza in più che ci permettono di ricostruire tante verità storiche altrimenti dimenticate. Seppure non nominandoli uno per uno, i lavori degli archeologi con i loro reperti riportati alla luce in vari siti insieme con i monumenti scritti rimasti saranno alla base dell’indagine presente, salvo le interpretazioni che invece sono nostre, sperando che siano attendibili e esaurienti. Naturalmente Wikipedia e internet ci hanno fornito il loro indispensabile supporto epistemiologico.Qui di seguito, evitando i binari accademici tracciati nel secolo scorso per scrivere la storia antico-russa che sono desueti e cercando di contenere la spinta a speculare allorché capita che manchi una documentazione di base minima, ecco le questioni sulle quali indugeremo più a lungo: Definire meglio che ruolo avrebbe una storia antico-russa nell’ambito economico, culturale e religioso della storia europea più generale.Individuare degli elementi chiari nell’ambito della mentalità, cultura e comportamenti che distinguano dalle altre etnie a contatto nel medesimo territorio in modo da distinguere meglio i protagonisti e di qui finalmente……dedurre i traguardi che le élites al potere credettero di avere il dovere di conseguire nelle loro imprese per sentirsi in grado di identificarsi, coagularsi e apparire a capo di un’unica etnia dominante che assunse poi la denominazione ibrida di russa che, secondo noi, andrebbe chiamata slavo-russa. Queste sono le topiche importanti che esamineremo giacché fra il X e l’XI sec. CE Germani (Scandinavi per lo più), Balti, Slavi, Ugro-finni (Ungheresi fra gli altri) e Turcofoni (Bulgari e Càzari preminentemente, ma prima Avari e Unni) e Iranofoni (Alani-Osseti) si ritrovarono mescolati letteralmente nelle medesime aree dove poi si sarebbe affermata la Rus’ di Kiev che, diciamolo subito, una politica ebbe chiara: slavizzare + slavizzare!Non dimentichiamo che le leghe di genti appena nominate facevano parte di quelle Invasioni Barbariche, termine in uso nella storiografia “latina” che invece la storiografia tedesca ha chiamato giustamente Trasmigrazioni di Popoli. Ci troviamo nel pieno di un’epoca in cui una civiltà romano-cristiana ormai cristallizzata e immota e sotto pressione islamica da vari lati, subiva l’impeto di forze giovanili nuove. In realtà più che di scossoni inflitti le “invasioni” erano vere iniezioni di energia che annunciavano la rinascita europea rendendo inutile nel medio termine, dobbiamo aggiungere, la diffidenza dell’ideologia religioso-politica cristiana eternamente occupata a eliminare ogni novità pur di dominare in maniera totalizzante le menti e le culture. Il medievalista francese contro-corrente Jacques Heers (v. bibl.) scriveva che il Medioevo è una costruzione genericamente artificiosa creata nel Rinascimento italiano per mille ragioni e noi siamo d’accordo, ma nel nostro caso apponendo l’aggettivo russo accanto a Medioevo muteremmo forse granché tale situazione di artificiose nomenclature? E sarebbe diverso se invece di Medioevo Russo parlassimo di Storia degli avvenimenti anteriori all’Era di Pietro I, l’Imperatore russo che verso il 1700 mise in atto le prime modernizzazioni del vasto Impero Moscovita? Ci pare di no, almeno dal punto di vista formale. Comunque sia al momento non esiste una storia “slavo-russa” anteriore al 800 CE e quindi la ripartizione classica e ambigua in Alto, Basso e Tardo Medioevo non fa letteralmente né caldo né freddo nel Nordest Europeo e per questo motivo, se ce ne serviremo, sarà esclusivamente un puro riferimento. Anzi! Crediamo che l’uso delle periodizzazioni “medievali” siano eredità ideologiche di vecchio stampo allorché si scriveva la storia per esaltare le nazioni e le nazionalità e, soprattutto, le numerose élites che imperavano. La stessa cosa si può dire per il sistema dei legami feudali in uso in Occidente fra potere e gente semplice, fra autorità superiore e inferiore giacché nel Nordest i legami interpersonali di dominio furono di tutt’altro tipo.C’è però un aspetto singolare del Medioevo Russo che non va trascurato e che abbiamo ventilato già all’inizio e cioè la presenza rinnovata e rimescolata continuamente di popolazioni diverse cioè le già citate Invasioni Barbariche. Le genti è vero che fossero dirette in Occidente, ma le soste in queste peregrinazioni in certe aree erano abbastanza lunghe da non poterle escludere dalla storia locale. Dopo le ricerche fatte presso i nomadi da A.M. Khazanov et al. (v. bibl.) si vede che i famigerati Barbari tanto dileggiati e temuti perché nomadi, avevano forme di stato, definibili al limite forse un po’ più fluide dei sedentari, ma pur sempre funzionanti su vasti territori. Anche la ricerca etnografica nell’estremo nord ha aperto nuovi orizzonti di studio e, sebbene non si parli di “invasioni”, come mai il ricordo di queste trasmigrazioni sembra lì scomparso? È stato forse a bella posta occultato? E che male c’è a considerare insieme con altri “barbari” le genti del nord antenati della Rus’ di Kiev? Per nostra fortuna l’esperienza degli ultimi decenni ci conferma che quando ci si accinge a costruire una nuova comunità nel mezzo di popoli e culture diversi c’è sempre una contiguità che lascia tracce e che è osservabile grazie ai nuovi strumenti di indagine. Piuttosto la questione è se per davvero la Rus’ di Kiev fu un primo passo verso la creazione di una “civiltà” innovativa, sebbene tramandasse valori cosiddetti “orientali” o “asiatici” visto che fino ad oggi tali valori sono stati concettualmente messi da parte per costringersi a dipingersi più europei di altri. In breve ci si vergogna di parlarne perché considerati il portato di “asiatici” estranei all’Europa e ai suoi esclusivi valori giudaico-cristiani e in certo qual modo da aborrire (ampiamente ne tratta E. Knobloch, v. bibl.).Sotto questi aspetti il punto focale della storiografia conservatrice alla corte dei Romanov (l’ultima dinastia imperiale peraltro di origine danese: Holstein-Gottorp e travestita da slavo-russa) diventò raccontare la storia antico-russa in termini di annunciazione della nascita di un ethnos superiore moscovita o Grande Russo con una sua universalità e preminenza culturale. Questo è stato il dettato dello storico di corte, N. Karamzin (prima metà del ‘800 v. in bibl.): descrivere quasi senza commentarli modi e tempi evolutivi della nuova gloriosa entità politica russa e quanto essa produceva di organizzazione in nome di Cristo! Poi però restava oscura la funzione pratica onnipresente del potenziale bellico e ideologico del Sacro Romano Impero Russo lanciato alla conquista coloniale di quell’enorme porzione del Globo terraqueo dal Pacifico al Baltico che noi inglobiamo nello spaventevole concetto di Siberia.Concludendo, con tali pendenze ideologiche si giunse persino ad attribuire alle forme statali preesistenti alla Rus’ di Kiev (ma pure alle successive) un format apposito che le rendesse in certo qual modo pericolosamente misteriose e sbucate da chissà quale oscuro angolo del pianeta… per il semplice fatto di non essere né russe né slave e perciò etnicamente inquinanti! Malgrado ciò la presenza non solo degli Slavi con differenze linguistiche (dialettali?) e culturali notevoli persino al loro interno, ma pure dei Non-slavi in via d’acculturazione o di soffocamento nello “slavume” dominante a Kiev, è innegabile come pure lo è la multietnicità della Pianura Russa e comune d’altro canto ad altre aree nazionali antiche e moderne del resto d’Europa, seppur periferiche alle dette trasmigrazioni. Insomma è giunta l’ora di esaminare e di mettere nel giusto rilievo il meticciato interetnico che produsse il sospirato superethnos slavo-russo al potere prima a Kiev e poi a Mosca e tranquillamente ammettere che la Rus’ di Kiev fu composita e sincretistica in ogni maglia del suo tessuto e se in ogni evento la peculiarità interetnica non si rispecchia a volte in maniera evidente, sottacerla o non postularla non potrebbe che rendere incompleto il racconto storico.E non sarebbe tempo di confessare che i vecchi sforzi di creare un’inutile società omogenea culturalmente dominata da élites sedicenti pan-russe, usando (oltre alla costrizione fisica) la potenza dottrinaria del Cristianesimo Ortodosso e quelli della Rivoluzione Socialista di 100 anni fa, non hanno dato gli esiti auspicati?Il discorso è complicato e maggiormente lo diventò proprio quando la Rivoluzione del ’17 esaltò la questione delle nazionalità molto dibattuta in Europa dal Congresso di Vienna in poi. Nel giovane stato sovietico cominciò a fiorire in ogni comunità allogena confederata la difesa delle rispettive unicità culturali e politiche da comporre in una storia locale e in qualcuna di esse sorse persino la voglia di secessione dall’URSS. E non fu tutto! La base della nuova identità etnica al principio non poteva essere che la lingua, segno distintivo tradizionale più immediato di ogni ethnos e superethnos, salvo poi a cercare la cultura letteraria nazionale in lingua da abbinare e riconoscerla come realtà etnica (L.N. Gumiljòv v. bibl.). E qui sottolineiamo l’ambiguità linguistica non solo italiana, ma pure di altre lingue europee, nel non saper dare un nome alla parlata della Rus’ di Kiev, antenata filologica non soltanto dell’ucraino e del bielorusso, ma anche del grande russo moscovita. Né dimentichiamo però che quest’ultima parlata, comunque la si voglia odiare o amare, alla fine è quella che ha conservato e tramandato grandissima parte della produzione letteraria orale degli Slavi orientali che oggi è tanto apprezzata e rivissuta nei reenactments e che rappresenta un patrimonio europeo di civiltà contadina enorme.Nelle Cronache Russe (di cui diremo meglio più avanti) rus’ki/русъкі è l’aggettivo derivato da Rus’ esclusivo degli slavi Poljani di Kiev e della loro lingua! Se pensiamo che per gli slavo-russi moderni si è conservato russkii per la lingua e si è coniato rossijànin per il cittadino della Federazione Russa, c’è ancor più confusione nel distinguere ucraini da bielorussi e poi questi dai russi d’oggi e allora preghiamo il lettore di aver pazienza e rassegnarsi se in italiano non c’è che russo da usare così com’è.Salteremo pure l’ingarbugliatissima questione di quando fra il X e XI sec. CE si concretizzò la necessità di introdurre lo slavo-macedone per le Sacre Scritture e per imporlo contro ogni altra varietà di slavo parlata fra Kiev e i Balcani (dalla centrale di Ohrid) e accetteremo una volta per tutte che la lingua veicolare rus’ki si diffondesse nella Pianura Russa seppur compresa con sforzo da slavi e da bilingui non slavi. Noteremo invece che il cronista addita come persone estranee e da evitare chi non si esprime in quella lingua. È per lui un segno fortemente negativo e addirittura diabolico perché non parlare rus’ki vuol dire essere in condizione di paganesimo e alla fine jazyk (russo per lingua in generale) nel derivato nominale jazyčestvo diventerà insieme di lingue straniere dei pagani e passerà a significare paganesimo. Le conseguenze pratiche di questo modo di vedere? Ne riparleremo più avanti…C’è poi l’etnonimo enigmatico rus’ intorno al quale si sono scritte migliaia di pagine sull’etimologia e, benché siano state partorite le interpretazioni più svariate, attualmente non c’è un etimo accettabile! E’ importante ciò? Purtroppo sì! Siamo in un contesto culturale dove l’amanuense rispecchia una maniera consueta di far storia all’interno della chiesa cristiana bizantina del X-XII sec. CE secondo cui gli eventi umani sono guidati dalla mano invisibile del dio cristiano. Un popolo non ha storia finché non abbraccia la fede di Cristo e solo da quel momento inizia la sua esistenza nel tempo universale che porta, a seconda dei destini decisi dalla volontà divina, verso la sua estinzione o la sua gloria gratia Dei. L’Impero Romano d’Oriente a cui questa costruzione ideologica fa capo non era visto né mai si era propagandato come istituzione passeggera o effimera. Al contrario! Gli altri regni un po’ alla volta sarebbero scomparsi, ma Roma d’Oriente sarebbe rimasta il centro dell’Impero Universale destinato a durare fino alla fine dei tempi. Da questa posizione di superiorità, politica e religiosa allo stesso tempo, le Cronache Russe avvertono che il potere deriva giusto da quel dio più potente di ogni altro ed è sancito inoltre dalla ”dottrina” che i suoi ministri terreni insegnano giacché ad essi è affidato il compito di controllare che il potere affidato ai pochi uomini scelti sia esercitato secondo gli insegnamenti delle Sacre Scritture. In uno schema di tal fatta occorre pertanto in caso di entità politiche nuove cercare, trovare e definire la persona eletta che impersoni l’autorità sacra del Principe che governerà gratia Dei! Non solo. Si pretende che i sudditi ne accettino supinamente i comandi, rinunciando a obbedire a qualsiasi altro sedicente rappresentante divino sulla Terra… Sarà questa l’egida filosofica della strenua e lunga lotta per la conquista di territori e di risorse da parte delle élites riconosciute legittime dall’autorità della Chiesa di Kiev (e poi di Mosca) contro ogni genere d’opposizione nella Pianura Russa. Le azioni militari condotte nei villaggi e nelle città che porteranno distruzione e saccheggi saranno bellamente giustificati perché servono a eliminare i focolai di ostinato paganesimo/islamismo/giudaismo finché non si piegano al trionfo di Cristo. L’occupazione maggiore delle armate kievane con la caccia all’uomo nelle foreste o nella steppa diventano vere e proprie crociate e i preti cristiani si troveranno sempre in prima fila con icone e paramenti sacri pronti a ribaltare ogni ordine societario tradizionale e sostituirlo con uno a marchio cristiano. Persino Kiev subirà tali crociate da parte di knjaz (rus. principe) russi contro knjaz pure russi, ma “eretici” o “dissidenti”, che avevano rinnegato il passato della loro dinastia ed erano tornati al paganesimo o, peggio che mai, si rivoltavano alleandosi coi pagani…Un punto importante è la questione della Chiesa di Roma sul Tevere e il suo sforzarsi nel “tempo di mezzo” di inglobare in un unico popolo cristiano parlante latino ogni europeo intorno alla figura imperiale del papa dopo che la tempesta “germanica” del 476 CE si era attenuata e che la nobiltà teutonica aveva conquistato ormai le vette del potere. Come mai questa Roma non riuscì ad aver successo nella Rus’ di Kiev? Eppure gli esiti delle operazioni “latine” in terra slava sono ben registrati e conservati negli archivi papali.Senza spiegazioni esaurienti come si fa però a capire la rinuncia fino al XIII sec. CE a intraprendere ulteriori azioni evangelizzatrici in Terra Russa? Forse Roma incontrò resistenze e opposizioni da parte dei poteri slavo-russi e perché mai? E quei troncati contatti che esito ebbero alla proclamazione dello scisma unilaterale nel 1054 CE? E in qual misura favorì l’azione dell’altra centrale cristiana, Roma Secunda o Costantinopoli che battezzò Kiev alla fine del X sec.? Calcoli di potere? Convenienze d’élite? Gelosie fra religiosi? Travagli interetnici nei centri slavi dei Balcani? Come mai fra Bulgari, Càzari e altri turcofoni che abitavano a Kiev le Cronache Russe scelgono esclusivamente i Poljani come l’etnia portatrice esclusiva di questa storia benché “costretti” a mescolarsi coi Varjaghi per diventare i Rus’ come affermano le Cronache Russe? Sono questioni a cui chi salì al potere a Kiev dovette far corrispondere atti adeguati giacché il nuovo stato ebbe a che fare fra due Rome rivali e per evitare di privarsi dei vantaggi economici che ricavava nel commercio internazionale con entrambe escogitò politiche opportunistiche ad hoc… Con tale scenario ci chiediamo e richiediamo perché sia così ostico scrivere di storia russa antica e poi non riuscire a riallacciarla al resto della storia europea esaltata e ammirata col suo Medioevo, Rinascimento a cui ci riferivamo seguendo J. Heers? La domanda non è stantia, ma – e lo ripetiamo – c’è una quasi totale assenza sul mercato editoriale europeo e italiano in particolare di lavori almeno divulgativi sull’argomento Medioevo Russo. Per parte nostra nei limiti delle nostre conoscenze e di decenni di studi ci siamo convinti – e lo ribadiamo – che la storia antico-russa pregressa all’Impero e all’URSS ha degli aspetti che la rende unica e per le sue peculiarità senz’altro difficile da trattare, ma l’evidente assenza di discussioni a livelli, accademici e non, sulla legittimità del “pianeta russo” a considerarsi europeo a tutti gli effetti materialmente non ha ragion d’essere.

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